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Il Popolo della Liberta' - Il punto di vista di Marta Locatelli

Logo Valorizzazione dei beni immobiliari: il pubblico interesse prima di tutto

 

L'attuale formulazione dell'art. 58 della legge n. 133 del 6 agosto 2008, risente del noto intervento della corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale (sentenza n. 340/2009) del relativo comma 2, nella parte in cui disponeva che l'approvazione del piano delle alienazioni costituisse anche variante automatica allo strumento urbanistico generale. È evidente che la previsione normativa dichiarata incostituzionale violava la potestà legislativa concorrente delle Regioni in materia di pianificazione urbanistica.

Il Piano delle alienazioni è stato pensato per attribuire valenza economica e anzi direttamente finanziaria, al patrimonio immobiliare degli enti locali.
Tuttavia, l'amministrazione comunale veneziana sta incorrendo nel grave errore di fermarsi a questa connotazione senza comprendere che l'alienazione o la valorizzazione dei beni in argomento deve garantire il perseguimento dei diversi interessi pubblici che gli enti stessi sono tenuti a soddisfare.
Nello specifico, l'art. 58 fornisce due indicazioni principali determinanti: la prima è costituita dalla classificazione del piano delle alienazioni come beni del patrimonio disponibile ovvero non funzionale allo svolgimento di pubbliche funzioni o all'erogazione di servizi pubblici, la seconda è costituita dall'attribuzione ai medesimi di una diversa destinazione urbanistica e quindi dall'individuazione delle diverse finalità che tramite essi l'amministrazione intende soddisfare.

La variante urbanistica, necessaria a realizzare il cambio di destinazione del bene, costituirà la sede istituzionale in cui verificare la compatibilità della destinazione con i diversi interessi pubblici che uno strumento urbanistico generale è destinato a soddisfare.
Gli strumenti per la valorizzazione del patrimonio degli Enti Locali sono individuati dall’art. 58 e dal D.lgs 85/2010.

 

Quale che sia lo strumento utilizzato, deve essere chiaro all'Amministrazione Comunale, che le esigenze di cassa non possono esaurire le finalità connesse al processo di valorizzazione.
Gli immobili di cui abbiamo parlato, restano pur sempre di proprietà pubblica: essi non possono quindi dirsi totalmente estranei alle finalità istituzionali dei singoli Enti. Allo stesso tempo, però, se di valorizzazione si deve parlare, essa non può che tendere a garantire il massimo ritorno economico, conseguente all’utilizzazione o alla dismissione del bene.

A tal fine ciò che nei provvedimenti normativi non è scritto, ma che è insito nella logica degli stessi, e che gli Enti Locali devono ragionare da imprenditori immobiliari, senza dimenticare la propria natura di Enti pubblici, ove intendano approdare ad una concreta e compiuta valorizzazione del patrimonio immobiliare.

Ed ancora, la valorizzazione di un bene pubblico non avviene solo attraverso un cambio di destinazione d'uso, ma deve intendersi come “valorizzazione del bene nell'ambito della possibilità di utilizzare lo stesso per un pubblico interesse”, e questo solo grazie a un preventivo piano strategico territoriale, che determini le necessità del complesso e articolato territorio del Comune di Venezia.

Tutto ciò considerato non si comprendono le logiche sottese alla costituzione del Fondo Immobiliare Città di Venezia, considerate alcune varianti che non rispettano la ratio applicativa dell'articolo 58 e soprattutto, e questa è storia recente, non è assolutamente corretto conferire al fondo, successivamente alla sua costituzione, beni immobili che non trovano collocazione sul mercato sulla base di un valore troppo alto ad essi attribuito.

 
 
Pubblicato il 15-12-2010 ore 11:36
Ultima modifica 15-12-2010 ore 11:36
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