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Partito Democratico - Il punto di vista di Roberto Turetta

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Teatro Stabile, c’è bisogno di più “sistema” e di meno sistemazioni…
Sono a dir poco perplesso dal dibattito emerso in alcuni organi di stampa sul futuro del Teatro Stabile del Veneto. Non mi soffermo sui nomi ma sui ruoli apicali e sento di dover condividere una riflessione.
Dopo una decade, secondo me, anche il miglior amministratore va cambiato: quel che di buono poteva fare, l’ha fatto e, per la natura dei rapporti umani, diventa chiaramente irrecuperabile ciò che di negativo si è consumato. Perciò, quando si chiude un ciclo, è opportuno rigenerare e cambiare.
Rispetto alle prospettive e alle cose da fare, credo sia opportuno partire da dati realistici. In un momento di crisi e difficoltà di risorse, sentir parlare di creazione di società di servizi mi fa subito pensare ad un "Cavallo di Troia" per altro tipo di operazioni che sono da evitare, se pensate come ufficio collocamento improprio e che risultano aberranti se mirano ad inserire qualcuno in nuove società di gestione fini a sé stesse, magari per ampliare la gestione di nuovi contenitori, come il Teatro Toniolo di Mestre, che funzionano bene di per sé e riescono già a raccordarsi con il territorio e le sue realtà.
Ora, analizzando la situazione, è innegabile che il Teatro Stabile del Veneto abbia compiuto molti passi per diventare un po’ meno “marziano” rispetto al territorio in cui opera: ma mi permetto di pensare che, sia dal punto di vista dell’offerta culturale e spettacolare, ma soprattutto dal punto di vista della formazione e della correlazione con le realtà operanti nel territorio, poteva essere fatto qualcosa in più. L’autoreferenzialità è, per antonomasia, il problema che viene messo a nudo nelle istituzioni culturali operanti a Venezia e nel Veneto, quando, per tentare di sprovincializzare, si affidano le scelte alle “segrete stanze”, si sublima l’autoreferenzialità unendola al nobile distacco con cui si colloca l’offerta culturale dell’Ente, rispetto allo stesso territorio che lo ospita.
Questo emerge soprattutto alla luce della mentalità retrograda con cui i soci stanno all’interno del Teatro Stabile stesso. Mi spiego meglio facendo l’esempio  migliore che io conosca: quasi ogni anno il socio Comune di Venezia, rispetto a quanto deliberato dal Consiglio Comunale in fase di bilancio di previsione, deve rimediare in fase di assestamento agli impegni presi “fuori sacco” dal suo rappresentante in assemblea dei soci per far fronte alle spese in più del Teatro Stabile, e non parliamo di qualche euro ma di decine di migliaia di euro ogni anno, sia con la Giunta Cacciari che con l’attuale Amministrazione Comunale. Perciò, per quanto il Consiglio Comunale si ritrovi forzatamente a chiedere virtuosità alla gestione ed amministrazione delle politiche culturali direttamente afferenti all’Amministrazione Comunale, paradossalmente si ritrova ogni anno a rimediare alle maggiori spese degli Enti di cui è socio. Ma nelle diverse casistiche, mi permetto di dire che, mentre trovo giusto e legittimo tutelare il Sindaco nella Sua figura di Presidente della Fondazione la Fenice, diventa imbarazzante tappare falle in un Ente che, per quanto bene possa aver lavorato, ha sistematicamente disatteso sia la verifica del suo piano industriale con i soci che l’elaborazione e la concertazione programmatica con le amministrazioni degli Enti Locali coinvolte, che per quieto vivere, hanno sempre accondisceso a giochi fatti…
Il mio appello va, quindi, ai soci Comune di Venezia e Comune di Padova, ma anche alla Regione Veneto affinché - al di là dei nomi da mettere in Consiglio di Amministrazione (dimostrato che sono ben meno importanti di quelli che vanno poi all’Assemblea dei Soci) – condividano un progetto ed una prospettiva, che possibilmente elevi lo sguardo al contesto metropolitano. Se si deve guardare ad altri contenitori, lo si faccia pensando anche alle produzioni e non si ragioni solo in “bordereau” della SIAE.
Se le scadenze e le condizioni lo permettono, insomma, cosa abbiamo da perdere a tentare una soluzione che sia foriera soprattutto di progetti di qualità, rapporto col territorio, nonché di piena correttezza e trasparenza coi soci? O, forse, si pensa sia meglio (e più accomodante) introdurre una nuova casta derivante da vecchie baronìe?! Beh, io sono tra coloro che sperano non ci si arrenda a questo. Anche perché c’è tanta vitalità nel mondo del teatro di questa regione. Una vitalità che sarebbe importante far diventare “sistema”. Possibile che, allo Stabile, si eviti di guardare a questo potenziale e si pensi unicamente a “sistemare” qualcuno su una qualche poltrona?

 
 
Pubblicato il 26-03-2013 ore 16:47
Ultima modifica 26-03-2013 ore 16:47
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