nr. d'ordine | nr. protocollo | data pubbl. | proponente | data protocollo |
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2354 | 27 | 20/02/2014 | Luca Rizzi |
20/02/2014 |
Venezia, 20 febbraio 2014
nr. ordine 2354
n p.g. 27
Al Sindaco
Al Presidente del Consiglio comunale
Ai Capigruppo consiliari
Al Capo di Gabinetto del Sindaco
Al Vicesegretario Vicario
Oggetto: Venezia città (semi)aperta: permettiamo la chiusura delle corti (alla bisogna) attraverso formule utili al privato ed alla A.C.
Premesso che
E' stata osservata una situazione di “disfunzione” all’interno del tessuto urbano di Venezia - il cui effetto pratico è testimoniato anche da episodi di cronaca recente (campo Santa Margherita è emblematico) - che ci si propone di curare attraverso una operazione di “chirurgia urbana diffusa”.
La città lagunare è caratterizzata da una fitta trama edilizia strettamente interconnessa alle reti della viabilità pedonale ed acquea. La morfologia urbana si presenta come una sequenza di spazi, aperti-chiusi, scoperti-coperti, interni-esterni; il suolo pubblico si articola in sequenze di calli-corti-campielli-campi. Un elemento diffuso e caratterizzante il tessuto edilizio urbano è certamente la “corte”, solitamente uno spazio scoperto ad uso privato, spesso visibile dalla pubblica via. Questo spazio costituisce un filtro tra le abitazioni e la strada pubblica ed è presente a qualsiasi livello sociale (edilizia popolare o "casa" patrizia).
Percorrendo Venezia ci si imbatte spesso in cancelli che svelano magnifici corti e cortili, caratterizzati da vere da pozzo, scale, sculture, o più semplicemente da vasi fioriti e panni stesi. Questi spazi sono vitali per chi abita quei luoghi, perché costituiscono elemento di protezione della casa, sfogo funzionale all’aperto, senza tuttavia escludere la connessione “visiva” con il resto della città.
Se è vero che sono molte le corti ed i cortili che hanno mantenuto intatta la loro funzione, è pur vero che altrettanti sono stati declassati, banalizzati al semplice ruolo di “suolo pubblico”. Probabilmente negli anni della dominazione francese ed austriaca, per ragioni di ordine pubblico e controllo poliziesco, è stata effettuata una massiccia opera di confisca ed esproprio di questi luoghi, resi così pubblicamente fruibili, aperti a chiunque ed inevitabilmente abbandonati a sé stessi.
La quasi totalità di questi luoghi era contraddistinta da un portale in pietra che ne segnava l’ingresso. Attualmente quei portali appaiono come porte sfondate, magari con le cerniere ancora visibili ma prive degli originari cancelli: porte “di terra” o “porte d’acqua” private della originaria funzione di filtro.
Le ragioni storiche che hanno portato a queste trasformazioni sono oramai venute meno,in quanto sicurezza e controllo del territorio avvengono con ben altri strumenti; eppure chi vive attorno a quelle corti e quei cortili percepisce ancora lo stretto rapporto funzionale di questi spazi con la propria abitazione, sebbene non sia l'esclusivo utente di essi dato che chiunque - armato delle migliori o peggiori intenzioni - può accedervi (dal turista curioso al malintenzionato).
Proviamo ora ad immaginare cosa accadrebbe in un qualsiasi condominio moderno se si decidesse di togliere i cancelli e le chiusure alle parti comuni così da permettere a chiunque di entrare nel cortile o scendere al piano interrato delle autorimesse. Una situazione simile comporterebbe certamente una serie di problemi: conflitti sull’utilizzo e sulle spese di manutenzione degli spazi comuni (non più esclusivamente privati),riduzione del valore di mercato degli immobili, inevitabile progressivo degrado. E' noto infatti che una cosa fruibile da tutti tende ad essere percepita come “cosa di nessuno” e come tale degenera perché nessuno è disposto a prendersene cura.
Considerato che
- Se è frequente sentire apprezzamenti delle abitazioni in terraferma in quanto dotate di terrazze, cortili e spazi esclusivi che a Venezia sono merce rara, è ancor più frequente sentire moltissimi veneziani denunciare l'invadenza e la maleducazione di turisti e concittadini, in particolare durante gli appuntamenti tradizionali (Carnevale, Redentore, etc).
- se si ripristinassero le originarie chiusure, se le corti ed i cortili tornassero ad essere tali, fruibili esclusivamente da chi ci abita intorno, dunque privati e non più inutilmente pubblici, si conseguirebbero i seguenti risultati:
1.Incremento dell’appetibilità (non necessariamente del valore di mercato) di molti immobili, per aumentata privacy, sicurezza e possibilità di fruire (in comproprietà con altri condòmini) di spazi scoperti;
2.Riduzione delle situazioni di degrado ed abbandono (pulizia e manutenzione, entrambe eventualmente contrattabili con enti pubblici)
3.Riduzione delle spese pubbliche di illuminazione e manutenzione di suolo pubblico (spese che ricadrebbero sui privati e che per questo andrebbero a bilanciare il valore di mercato degli immobili);
4.Ripristino “filologico” delle funzioni degli spazi urbani (valore sul piano storico-documentale-estetico) che andrebbe a migliorare l’immagine di Venezia nel mondo, con inevitabili ricadute positive sulla stessa città.
- Pur non essendo stato eseguito un censimento di tutta la città, sulla base degli elementi raccolti si possono fornire i seguenti dati:
1.presenza di almeno 200 corti o cortili da ripristinare;
2.dimensione media circa 50 mq, per un totale di circa 10.000 mq di suolo urbano
3.presenza di almeno 1 lampione di illuminazione pubblica, quindi almeno 200 lampioni;
4.saltuariamente presenza di 1 fontanella che eroga acqua pubblica (circa 50 fontanelle);
5.saltuariamente presenza di elementi di pregio artistico ed architettonico (circa 100 elementi di scultura erratica le cui spese di manutenzione e restauro sono attualmente a carico del Comune)
il Consiglio Comunale impegna il Sindaco e la Giunta
a procedere con la valutazione di fattibilità economica di questa operazione di “chirurgia urbana” scegliendo la formula più appropriata per realizzarla, vale a dire - in estrema sintesi – se (a) mantenere la proprietà degli spazi e concederne l'uso ai privati oppure (b) cederne anche la proprietà.
Da un lato l’Amministrazione Pubblica si potrebbe quantomeno sollevare dalle spese di erogazione di servizi (illuminazione, acqua, manutenzione e igiene suolo pubblico, restauro di elementi artistici), dall’altro i privati (in forma singola o condominiale) si garantirebbero maggiore comfort, privacy, sicurezza e decoro, accollandosi però le relative spese per le modifiche (cancelli o portoni, impianto citofonico, impianto elettrico, illuminazione, fornitura idrica, conservazione degli elementi artistici).
Luca Rizzi
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