In questi giorni si legge di genitori che protestano per gli effetti della legge Gelmini.
Si comincia a concepire cosa accade alla scuola, ma il tutto avviene con grande ritardo.
Si protesta oggi, e ancora in modo sporadico, perché vengono a mancare insegnanti e di conseguenza non si garantiscono quelle forme di flessibilità oraria fin qui applicate e che garantivano una gestione del tempo scuola in sintonia con il tempo famiglia.
Ma le proteste odierne, sacrosante, sono in coda allo stato di fatto della scuola, ormai sfiancata dalle continue riduzioni di risorse economiche: dalla carta, compresa quella igienica, a carico degli alunni, alle ridotte pulizie, agli spazi insufficienti, ai laboratori inattivi.
Ora siamo alle classi affollate e agli orari tagliati. Ora si chiede alla scuola di svolgere il proprio ruolo con quello che c’è, o meglio, con quello che non c’è.
Quale riforma, quale progresso, quali conseguenze?
E’ in grado oggi la scuola di fabbricare cultura oppure diventa il luogo dove apprendere in ambiente sterile l’alfabeto e i numeri?
Penso che le condizioni per far progredire una mente, specie di un giovane, siano quelle che consentono alla curiosità di vivere, che lasciano guardare al di là del vetro, che permettono di sconfinare, che aiutano a valutare.
Per far questo serve investire negli insegnanti, negli educatori, nelle strutture.
Investire e non scommettere.
In un caso si dedicano risorse e si costruisce un progetto di paese che nel tempo ripagherà l’investimento.
Nell’altro caso ci siamo già.