Logo della Città di Venezia
Sei in: Home > Comune > Consiglio comunale archivio 2010-2014 > Gruppi consiliari > Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it > Consiglieri comunali > Marco Gavagnin > Archivio atti > Interrogazione nr. d'ordine 1015
Contenuti della pagina

Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it - Interrogazione nr. d'ordine 1015

Logo Movimento 5 Stelle Beppegrillo.it Marco Gavagnin
nr. d'ordine nr. protocollo data pubbl. proponente assessore competente data protocollo data scadenza tipo risposta
1015 30 14/02/2012 Marco Gavagnin
 
Assessore
Ezio Micelli
15/02/2012 16/03/2012 scritta

 
tipo comunicazionedata pubblicazionetesto
risposta26-04-2012Leggi

 

Venezia, 14 febbraio 2012
nr. ordine 1015
n p.g. 30
 

All'Assessore Ezio Micelli


e per conoscenza

Al Presidente del Consiglio comunale
Al Sindaco
Al Capo di Gabinetto del Sindaco
Ai Capigruppo Consiliari
Al Vicesegretario Vicario

 

Oggetto: Accordo del Comune di Venezia con la società Edizione S.r.l. per la riqualificazione e rifunzionalizzazione del complesso immobiliare denominato Fontego dei Tedeschi, sito nel sestiere di San Marco a Venezia e vincolato a standard pubblico

Tipo di risposta richiesta: scritta

 

INTERROGAZIONE URGENTE

 

 

Premesso che
1. la Giunta Comunale ha deliberato in data 23.12.2011 (delibera n. 676/2011 con P.D. n. 2011/931) l’approvazione di un accordo con la società EDIZIONE S.r.l., attuale proprietaria dell’edificio di cui in oggetto, di dimensioni pari a circa 7.000 metri quadri, denominato Fondaco dei Tedeschi, situato nel sestiere di S. Marco (e non in quello di San Polo, come erroneamente riportato) e sottoposto a standard pubblico dalla vigente Variante al PRG per la Città Antica;
2. la Giunta Comunale, con il medesimo atto, ha approvato l’unito allegato A che consiste in una convenzione, preparata dal privato, nell'ambito della quale si stabilisce che lo stesso privato riconosce al Comune “un contributo in denaro a titolo di beneficio pubblico di 6 milioni di euro. Tale contributo, da intendersi onnicomprensivo e satisfattivo del Comune anche ai fini e per gli effetti dell'art. 28 L.R. n. 15/2004, sarà definitivamente dovuto al Comune di Venezia dall'apertura del Fondaco al pubblico”;
3. la convenzione allegata alla delibera di Giunta Comunale n°676/2011 (allegato “A”) prevede (punto 9, pag. 4) una specifica clausola risolutiva, favorevole alla parte privata, relativa al pagamento dell'indennizzo da 6 milioni di euro, nello specifico si afferma che “Tutti gli impegni assunti da Edizione si intendono risolutivamente condizionati alla circostanza che, per qualsiasi motivo indipendente dalla volontà di Edizione, non sia possibile conseguire l'obiettivo della riqualificazione e rifunzionalizzazione del Fondaco nei termini indicati dalle premesse, in sostanziale conformità al progetto dell'arch. Rem Koolhaas, entro il termine massimo di 48 mesi dalla data di sottoscrizione di questa convenzione, o comunque che non sia stato possibile per ottenere tutti i provvedimenti amministrativi necessari entro 12 mesi dalla data di sottoscrizione di questa convenzione. Al verificarsi di una delle due ipotesi Edizione avrà diritto di ottenere, a sua semplice richiesta scritta, la restituzione dell'intero importo del contributo previsto a titolo di beneficio pubblico da parte del Comune di Venezia, oltre agli interessi legali frattanto maturati, qualora per qualsiasi motivo il consiglio comunale non abbia assunto tutte le deliberazioni di sua competenza necessarie per dare attuazione a questo accordo, nessuna esclusa, entro il 31.01.2012, come pure nel caso che entro il 28.02.2012 non siano stati emanati, per qualsiasi motivo, tutti gli altri atti e provvedimenti amministrativi comunali necessari a consentire la riqualificazione e rifunzionalizzazione del Fondaco ad uso commerciale, inclusi a titolo esemplificativo i titoli edilizi e le autorizzazioni commerciali”;
4. oltre alla somma soprindicata, la Convenzione stabilisce (punto 3, pag. 3) altre utilità a favore del Comune e dei cittadini. In particolare, è stabilito che “...il campiello situato nella parte centrale del piano terra del Fondaco sia destinato ad accesso e ad uso pubblico gratuito, così come alcuni locali per una superficie complessiva di circa 200 mq da destinare a servizi alla persona. Ove sia consentito la realizzazione di un terrazzo in sostituzione di parte della copertura, anche quello spazio dovrà essere ad accesso e ad uso pubblico gratuito, inclusi i percorsi di accesso. Ove sia consentita la realizzazione di una sala eventi a livello della copertura del campiello, l'Amministrazione comunale potrà fruirne direttamente e gratuitamente per proprie iniziative istituzionali” e poi si indica che “...il Comune di Venezia potrà utilizzare a sua volta il campiello per eventi culturali per almeno 10 giorni all'anno”;
5. all'interno del contratto si afferma che il privato “intende riqualificare il Fondaco…destinandolo poi ad uso commerciale per una superficie complessiva di vendita non inferiore a 6.800 mq” e che, per conseguire tale obiettivo, le parti si impegnano, l’una verso l’altra, a rilasciare “gli appropriati provvedimenti, sia di natura urbanistico-edilizia…che commerciale”. Sono elencati in particolare: un’autorizzazione commerciale per 4.000 mq ai sensi dell’art. 28 L.R. n. 15/2004 e due autorizzazioni commerciali per medie strutture di vendita, per una superficie complessiva di mq 2.800;
6. la L.R. n. 15 del 13.08.2004, intitolata “Norme di Programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto”, stabilisce all’art. 28 comma 1 che “Nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, al fine di rivitalizzare il sistema distributivo nei centri storici, classificati dagli strumenti urbanistici come zona A i comuni, anche in deroga ai limiti di superficie previsti dall'articolo 7, possono autorizzare la realizzazione di centri commerciali utilizzando immobili esistenti, eventualmente soggetti a recupero edilizio purché la superficie di vendita non sia superiore a mq. 4.000 ed almeno il cinquanta per cento del numero di esercizi abbia una superficie inferiore ai limiti previsti per i negozi di vicinato” e al comma 3, in materia di standard a parcheggio, che “Sono regolati con apposita convenzione tra il comune e l'operatore commerciale gli aspetti relativi a: a) area destinata a parcheggio entro una distanza di 300 metri dall'immobile oggetto dell'iniziativa con facoltà di deroga agli standard previsti dall'articolo 16 fino al cinquanta per cento o con utilizzo di soluzioni alternative quali convenzioni con parcheggi scambiatori esistenti, parcheggi multipiani o sotterranei, servizio navetta; b) accessi e percorsi veicolari”;
7. il riferimento, contenuto nella convenzione, al decreto Monti (D.L. n. 201 del 06.12.2011 convertito con legge n. 214 del 22.12.2011) non sembra affatto permettere una deroga alla normativa regionale di cui sopra (limite di 4.000 mq) posto che l’art. 31 comma II del citato decreto stabilisce che “Secondo la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali”. Ebbene, l’espressione di “limiti connessi alla tutela dell’ambiente urbano” (sconosciuta al momento della convenzione perché introdotta dal voto parlamentare con la conversione in legge del decreto) appare idonea a ricomprendere le norme che pongono vincoli finalizzati alla difesa dei centri urbani, della loro vivibilità e dei piccoli negozi come, appunto, la disposizione sopra riportata dell’art. 28 comma 1 L.R. n. 15/2004;
8. la delibera, e i suoi allegati, non sottostanno e non prevedono affatto gli obblighi per i cosiddetti “rapporti di dimensionamento” di cui all’art. 3 co. 2 D.M. n. 1444 del 02.04.1968, come modificato dall’art. 25 co. 6 della L.R. n. 61/1985: in pratica, per ogni abitante insediato o insediabile in edifici a destinazione residenziale, si prevede una “dotazione minima, inderogabile, di mq 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie”. Tale dotazione è stata incrementata dalla Regione Veneto e portata a 27,5 mq ripartiti in: mq 4,50 di asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo; mq 4,5 di aree per attrezzature religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (come gli uffici postali) ed altre; mq 15 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport e mq 3,50 di aree per parcheggi. A tal proposito nella Relazione sugli standard urbanistici della Variante al PRG per la Città Antica, ai sensi della L.R. n. 61 del 1985 artt. 22 e 25, si afferma al punto 6.1 che a livello territoriale la dotazione di standard della Città Antica è inferiore rispetto al fabbisogno previsto a scala urbana;
9. gli artt. 16 e 17 comma 3 della L.R. n. 15/2004 stabiliscono che per le grandi e medie strutture di vendita “deve essere garantita una disponibilità di aree da destinare a parcheggio e a servizi nella misura determinata all'articolo 16 in rapporto alle varie tipologie urbanistiche della zona e della attività da insediare” e tale standard è pari a 1 mq per ogni mq di superficie di vendita. Tale tesi è confermata anche dall’art. 31 della L.R. n. 11/2004 il quale stabilisce al comma 2 che “Le dotazioni minime di aree per servizi in ragione delle diverse destinazioni d’uso non possono essere inferiori a: c) relativamente al commercio e direzionale, mq. 100 ogni 100 mq. di superficie lorda di pavimento”;
10. l’art. 21 comma 1 delle NTA (norme tecniche di attuazione) della variante al PRG per la Città Antica afferma, sul tema delle destinazioni d’uso, che per gli edifici del centro storico “sono consentite o prescritte solo le destinazioni d’uso compatibili con la loro struttura fisica, quali risultano individuate nella scheda della categoria di appartenenza” e poi al comma 4 ribadisce in modo inequivocabile che “le destinazioni d’uso diverse da quelle consentite o prescritte debbono considerarsi incompatibili con la conformazione morfologica del manufatto edilizio ovvero con l’equilibrio dell’assetto ambientale, e pertanto sono vietate”. Ebbene, in relazione a ciò, occorre ricordare che la scheda n. 22 (Appendice 1 delle NTA), dal titolo “Unità edilizia speciale preottocentesca a struttura modulare (tipo SM)”, categoria in cui ricade pure il Fontego dei Tedeschi, stabilisce che “a tutti i piani, purché l’intera unità edilizia, eventualmente escluso il piano terra, sia adibita ad una delle seguenti utilizzazioni in via esclusiva od assolutamente prevalente…: abitazioni; attrezzature ricettive o attrezzature sanitarie; uffici direzionali; erogazioni dirette di servizi; centri di ricerca; musei; sedi espositive; biblioteche; archivi; attrezzature associative; attrezzature per l’istruzione” e poi aggiunge, nel secondo capoverso, che “esclusivamente al piano terra: artigianato; esercizi commerciali al minuto; pubblici esercizi”;
11. l’art. 22.5 delle citate NTA afferma che “nelle unità di spazio vincolate a standard è ammesso il cambio di destinazione d’uso ad altra compatibile utilizzazione a standard, tra quelle indicate al comma 6 dell’art. 25 L.R. n. 61/1985, a condizione che sia soddisfatto, rispetto alla popolazione residente al momento della modifica d’uso, il fabbisogno di attrezzature sottratte”;
12. tra i provvedimenti amministrativi indispensabili per il progetto di riqualificazione, e che la Giunta s’è impegnata a rilasciare, c’è anche un “permesso di costruire in deroga al PRG, ai sensi e per gli effetti dell’art. 80 L.R. n. 61/1985, dell’art. 14 DPR. n. 380/2001 e dell’art. 5 Legge n. 160/2011”. Va ricordato, tuttavia, che le prime due disposizioni (la terza ha introdotto il meccanismo del silenzio–assenso per i permessi di costruire) affermano che il Sindaco, previa deliberazione del consiglio, può “rilasciare concessioni o autorizzazioni in deroga alle norme e alle previsioni urbanistiche generali quando esse riguardino edifici o impianti pubblici o di interesse pubblico e purché non comportino la modifica delle destinazioni di zona”. Tutto questo è poi ribadito all’interno delle norme del vigente PRG, all’art. 16 delle NTGA, in particolare, che chiarisce anche quale possa essere il perimetro delle deroghe ammissibili: “la deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati...”;



considerato che 
- in un'assemblea pubblica, organizzata dai 40xVenezia, il Sindaco ha espressamente spiegato che la somma di 6 milioni di euro (prem. 2) corrisponderebbe al 50% del plusvalore realizzato dal privato con il cambio di destinazione d'uso (da standard a commerciale); 
- il riconoscimento di tale somma, peraltro molto aleatorio viste le clausole inserite nella convenzione (prem. 3), significa che l'amministrazione ha in pratica concordato la cessione, o meglio la cancellazione, a titolo oneroso del valore dello standard pubblico localizzato nell'edificio del Fontego che viene perciò monetizzato al valore di 6 milioni di euro;
-l'importo promesso sarebbe poi, a quanto si legge, “...satisfattivo del Comune anche ai fini e per gli effetti dell'art. 28 L.R. n. 15/2004...” (prem. 6): il privato cioè sarà esonerato completamente, viste le affermazioni del Sindaco di cui sopra, con indubbio beneficio economico, dall'obbligo di reperire gli standard a parcheggio entro 300 metri dall'edificio commerciale o con soluzioni alternative come convenzioni con park scambiatori o parcheggi privati. Ebbene, per quanto anomalo possa sembrare disquisire di parcheggi in una città come Venezia, l'amministrazione avrebbe ben potuto, nell'interesse pubblico, obbligare il privato ad una convenzione con i parcheggi presenti a Piazzale Roma o Tronchetto; 
- la prevista trasformazione delle funzioni dell’edificio, da standard a commerciale, si pone in netto contrasto con le previsioni di cui all’art. 21 delle NTA variante al PRG per la Città Antica e della scheda tecnica n. 22 (prem. 9) e, di conseguenza, con l’art. 17 comma 3 L.R. n. 15/2004 il quale afferma che “le medie strutture di vendita di cui al comma 1, lettera b) possono essere localizzate nelle zone territoriali omogenee di tipo A, purché tale localizzazione non sia in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici”. 
- nell’ipotesi di cambio di d’uso del Fondaco, peraltro d’accertare alla luce dei rilievi sollevati, l’amministrazione avrebbe dovuto determinare in modo più redditizio, per le casse comunali, il cosiddetto “beneficio pubblico” posto che si tratta del controvalore per la rinuncia da parte della popolazione veneziana di quasi 7.000 mq di standard pubblici. Questi ultimi, com’è ovvio, non potranno essere in alcun modo compensati altrove data la carenza di spazi utili nel centro storico e perciò si produrrà un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita degli abitanti rimasti in centro storico. La determinazione del beneficio economico, connesso alla perdita degli standard pubblici, avrebbe dovuto essere affidata ad un organo tecnico e “super partes” come l’Agenzia del Territorio piuttosto che affidarsi al “buon cuore” del privato.
A tal proposito va rammentato che pure le altre utilità previste nella Convenzione (prem. 4) sono ben poca cosa: si parla infatti di utilizzo per 10 giorni del campiello per “iniziative culturali e di promozione turistica" il ché fa presagire come essi, in spregio alla standard pubblico perduto, non saranno in alcun modo rivolti alla cittadinanza. Inoltre, nel punto 3 della Convenzione, si afferma che anche tali minimi spazi siano tolti ai cittadini qualora la pianificazione urbanistica comunale consenta differenti destinazioni d'uso del Fontego.
Infine, da quanto dichiarato pubblicamente dalla rappresentante di EDIZIONE S.r.l, sembra che i 200 mq di ulteriori spazi pubblici saranno, in realtà, dedicati a servizi igienici: proprio quello che i cittadini del centro storico reclamavano (!); 
- le superfici e gli ambiti da destinare a standard pubblici sono un obbligo determinato sia da norme nazionali (DM 1444/1968) che da norme locali (L.R. n. 61/1985 e L.R. n. 15/2004). Lo standard pubblico in oggetto è di tipo “generale” ed è in funzione anche dell’intero PRG vigente (prem. 8 e 9) e la modifica e/o eliminazione di questo standard pubblico non può essere attuata con un semplice “permesso a costruire in deroga” ma comporta una variante parziale al PRG.
Attualmente, tuttavia, in mancanza dell’approvazione del PAT, non sono ammesse varianti se non in presenza di un interesse pubblico prevalente sull’interesse privato (vedi art. 48 L.R. n. 11/2004 e art. 50 L.R. n. 61/1985) ma, contrariamente a quanto lascia intendere la Convenzione, la presenza di un banale centro commerciale in un'area centralissima di Venezia non risponde affatto ad un'impellente esigenza della popolazione. I servizi pubblici, del resto, sono cosa ben diversa dagli esercizi pubblici;
-la monetizzazione di uno standard pubblico è plausibile solo in caso di comprovata impossibilità di reperire il medesimo nell’ambito della stessa ZTO o in quelle limitrofe. A tal proposito si potrebbe anche immaginare il reperimento dei nuovi standard pubblici, dovuti in base alla legge, presso le proprietà del gruppo BENETTON all'interno degli edifici vicini alla stazione ferroviaria; 
- analogamente a quanto accaduto con l’operazione immobiliare del MOF (mercato ortofrutticolo di via Torino) in cui l’area a standard pubblico di via Porto di Cavergnago, destinata a vendita all’ingrosso di ortofrutta, è stata valutata dal Comune come area commerciale (perché sembra che il consulente esterno abbia pensato al fatto che, comunque, si sarebbero svolte lì operazioni di compravendita!), così anche lo standard del Fontego potrebbe essere valutato, economicamente, a titolo di superficie direzionale visto che aveva ospitato uffici fino al giorno prima;



tutto ciò premesso e considerato, si chiede
al Sindaco e agli assessori competenti 
- di fornire ai consiglieri comunali la relazione di stima, o equivalente documentazione, che gli uffici della Direzione Urbanistica o Patrimonio, oppure dell’Agenzia del Territorio, hanno preparato per la quantificazione del “beneficio economico” da intendersi, secondo le parole del Sindaco, come il 50% del plusvalore immobiliare generato dall'eventuale cambio di destinazione d'uso da standard pubblico a commerciale; 
- di fornire ai consiglieri comunali il parere che l’amministrazione ha richiesto, ovviamente, all’Avvocatura Civica in merito alla Convenzione stipulata. Ciò, in particolare, per quanto attiene le clausole alquanto sfavorevoli per il Comune, in merito alla dazione dei 6 milioni di euro, che sembrano ricomprendere al loro interno anche condizioni assimilabili alla categoria delle “condizioni meramente potestative” le quali, ai sensi dell’art. 1355 c.c., comportano la nullità del contratto; 
- di spiegare in base a quale differente normativa, vigente in Italia, sarebbe possibile il rilascio di un permesso di costruire in deroga alle attuali norme di PRG visto che l’edificio non è “pubblico o di interesse pubblico” e la deroga in questione non riguarda “limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati” (prem. 12) bensì la destinazione urbanistica e le possibili funzioni insediabili in base alla scheda relativa all’edificio (prem. 10); 
- di illustrare, ai consiglieri e alla città, in che cosa consisterebbe il possibile “interesse pubblico”, nell’avere una “Rinascente” ai piedi del ponte di Rialto, tale da giustificare un’eventuale variante parziale al PRG per modificare le norme tecniche del PRG vigente (ormai, pare, diventate più elastiche di un chewingum); 
- di spiegare come l’amministrazione comunale intenda “aggirare” le disposizioni di cui all’art. 28 comma 1 L.R. n. 15/2004 (prem. 6) che prevedono una superficie massima di vendita di 4.000 mq di cui un 50% distribuito fra piccole superfici di vendita (“esercizi di vicinato”, inferiori cioè a 250 mq) alla luce delle modifiche apportate al decreto Monti in sede parlamentare (prem. 7) nonché della divisione di competenze tra Stato e Regioni, fissata dalla Costituzione all’art. 117 (la “tutela della concorrenza” spetta in via esclusiva allo Stato ma il “commercio” è materia di esclusiva competenza regionale); 
- di spiegare le ragioni in base alle quali il Sindaco e la Giunta hanno optato per la firma della Convenzione in oggetto piuttosto che per un atto di esproprio per motivi di interesse pubblico dato che si tratta di un immobile vincolato a standard pubblico, e perciò passibile di esproprio, e che inoltre tale procedimento era stato già avviato una decina d’anni fa dallo stesso Sindaco, al tempo assessore al Patrimonio nella Giunta Costa, nei confronti dell’allora proprietario (Poste Italiane).
In tal modo si potrebbe (l’ipotesi è ancora praticabile, a nostro avviso) mantenere la proprietà pubblica su un’immobile unico, per genere e posizione, lasciandolo in eredità alle generazioni future e mettendolo a frutto, a costo zero per l’erario comunale, offrendo la possibilità a tantissimi artigiani e imprenditori del miglior “made in Italy” di poter esporre le loro produzioni in una vetrina eccezionale. Essi poi spenderebbero, per uno spazio di circa 30 mq, un affitto calmierato rispetto agli esosi prezzi del mercato veneziano ma, comunque, sufficiente a coprire, nel medio-lungo termine, i costi di esproprio, interessi sul mutuo, restauro dell’immobile e manutenzione ordinaria.
Sarebbero risolte poi le questioni della “scala mobile” e della “terrazza a vasca”, le quali oltre che essere, naturalmente, incompatibili con l’architettura del palazzo diverrebbero superflue. E si potrebbe, con tale soluzione, riservare alcuni spazi “veri” alla cittadinanza (ad esempio: sale convegni, asilo nido, biblioteca, punto di primo soccorso, ecc.) che si rimpossesserebbe di uno spazio vitale e centrale della città; 
- di spiegare le motivazioni che hanno indotto l'amministrazione a concordare una sostanziale rinuncia agli standard a parcheggio previsti dall'art. 28 comma 3 L.R. n. 15/2004 che, pur considerando l'eccezionale conformazione geofisica di Venezia, avrebbero ben potuto essere reperiti a Piazzale Roma o all'isola del Tronchetto, anche mediante convenzioni con i park privati o pubblici esistenti e sconto sul ticket, ad esempio, con l’esibizione di uno scontrino del futuro centro commerciale. O, comunque, avrebbero potuto essere oggetto di separata monetizzazione con notevole sollievo per le casse comunali; 
- di promuovere in città, prima della discussione finale in sede consiliare, un sano dibattito pubblico con i cittadini per avviare una reale trasformazione urbana partecipata e condivisa nonché verificare anche ipotesi diverse da quella percorsa finora dall’amministrazione con il privato, compresa quella sopra descritta previo ritiro, in via di autotutela, della delibera di Giunta già votata; 
- di effettuare un conteggio degli standard pubblici ancora vigenti nella zona omogenea pertinente, prima del perfezionamento dell’accordo con la proprietà, e di rendere noto ai consiglieri tale risultato insieme al fabbisogno attuale degli standard necessari per legge, considerato anche che per i comuni turistici e le città d'arte “la dotazione minima di aree per servizi deve essere incrementata in ragione del fabbisogno turistico come determinato dal piano di assetto del territorio (PAT)” (art. 31 comma 4 L.R. n. 11/2004); 
- di spiegare i motivi in base ai quali l'amministrazione ha accettato delle clausole contrattuali così stringenti da risultare piuttosto incongrue con la consueta tempistica delle decisioni assunte a Venezia in materia d'urbanistica al punto da rendere più che improbabile la riscossione della, pur misera, somma di 6 milioni di euro; 
- di illustrare ai consiglieri quali misure intende attuare l'amministrazione comunale, nell'ipotesi in cui siano confermati i profili d'illegittimità sopra palesati, nei confronti dei dirigenti che hanno attestato la regolarità amministrativa della delibera di Giunta in parola; 
- di spiegare in quale specifico capitolo del bilancio preventivo, l'Amministrazione intende inserire la somma di 6 milioni di euro sempre che sia realmente, e in modo definitivo, attribuita dal privato.

 

Marco Gavagnin

 
  1. Marco Gavagnin
  2. Archivio atti
 
Pubblicata il 14-02-2012 ore 15:52
Ultima modifica 14-02-2012 ore 15:52
Stampa