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Partito Democratico - Il punto di vista di Roberto Turetta

Logo Partito Democratico: utilizziamo bene questa occasione

 

Il 14 ottobre ha costituito il punto di non ritorno dell'ultima possibilità che ha la politica italiana per rigenerarsi.

70.000 volontari e 3.300 elettori non vanno solamente ringraziati. Sono stati i protagonisti di una scelta nuova di mettersi in gioco per ridefinire il parametro dell'impegno politico. Sono stati latori di un messaggio inequivocabile: hanno manifestato la volontà e l'esigenza che sia la buona politica la protagonista del nostro futuro. Sono portatori sani di una coscienza avanzata che si appella al governo dei processi di trasformazione della nostra società, del nostro paese e del nostro vivere quotidiano, in un mondo sempre più complesso che però richiede nuove risposte che aiutino a ritrovare la semplicità (e non l'uniformità!) come risposta alle complessità cui siamo di fronte. Il Partito Democratico che sta nascendo obbliga, da adesso in poi, tutti a confrontarsi con un nuovo fenomeno: dalla partecipazione di milioni di persone - censite, vere, non pacchi di tessere e basta - nasce, per la prima volta una fase costituente che ha già stabilito chi sarà il leader. Con questo fenomeno dovrà fare i conti tutta la politica, sia nella maggioranza che nell'opposizione.

La credibilità di questo processo è ora in mano ad un leader e a delle assemblee costituenti: spero sia ben chiaro a tutti che un compito simile, in una situazione assolutamente inedita, può far tremare i polsi per la pericolosità e l'insidia di sprecare l'occasione data dai cittadini.

Giustamente Veltroni ribadisce che la gente è molto più avanti di quanto lo credano gli addetti ai lavori, sia della politica che del mondo mediatico, ma è altrettanto vero che adesso, mai come prima, è necessario che la politica compia lo sforzo di rimettersi un passo avanti a quella che è l'evoluzione delle esigenze sociali e storiche che la gente rivendica.

E non si tratta di un semplice problema che richiede la capacità di prospettare scenari di evoluzione.

Bisogna ricreare quel tessuto connettivo minimo che permetta alla relazione che sta alla base della politica di riacquistare il ruolo di centralità. La politica, ormai troppo spesso relegata ad un ruolo di gestione del potere, deve rimettere al centro della sua attenzione le esigenze della persona, del suo contesto, della sua appartenenza ad una complessità sociale che cerca risposte nuove per esigenze inedite rispetto alle ideologie del secolo scorso.

Questo non significa che le risposte prescindano dagli ideali, dagli impegni di programma e dalla capacità di creare partecipazione e condividere le relazioni: anzi, proprio questi sono gli elementi determinanti per definire il confine fra ciò che sta a sinistra e ciò che sta altrove.

Le assemblee costituenti sono state votate per dare regole e valori che permettano di mettere nero su bianco tutto ciò: la competitività fra le liste non è servita ad essere prova di "celodurismo" fra fazioni o di selezione di un gruppo dirigente. Le donne e gli uomini che si sono messi in gioco nel supportare i candidati al ruolo di segretario nazionale devono avere la capacità di stabilire strumenti partecipativi (fondamentali e normativi) e valori condivisi che tengano conto della complessa pluralità di cui sarà costituito il Partito Democratico. E' un compito alto e difficile per il quale è necessario proseguire nell'opera primaria fondamentale della relazione politica: e cioè il saper ascoltare la gente. Sono stati espressi oltre 3 milioni e mezzo di voti che vogliono contare perché il sistema sia migliorato, perché le nostre condizioni di vita vengano rese più sicure e più solide. Non sono stati espressi pesi e misure di potere.

E' fondamentale, quindi, dare il giusto ed adeguato peso a quanto è successo con il voto del 14 ottobre. Non si è celebrato alcun regolamento di conti, ma sarebbe assolutamente sbagliato, da parte di tutti - sia di chi ha vinto che di chi ha perso - far finta che non sia successo niente. Si è richiesto alla gente di essere protagonista e questa risposta ha dato, in modo inequivocabile, un segnale di maturità e di rigore nell'uso dei ruoli dalle quali non si potrà mai prescindere.

Ecco perché mi permetto di lanciare un appello semplice e chiaro: il lavoro vero di costruzione del partito democratico parte ora, con un input teso a tener conto dell'espressione di tutti, e quindi della pluralità insita in una organizzazione che ambisce a restare di massa. E dico restare perché di massa lo è già nel momento in cui, per la prima volta nel mondo, è nato un partito con più di 3 milioni di persone che si sono espresse senza alcun atto cruento o di rottura rispetto alla situazione precedente. Questo lavoro richiede la capacità di rimettere la relazione alla base del tessuto del nuovo partito, che deve avviare ed amplificare processi inclusivi e non esclusivi. Che deve portare forza e sintesi nel rapporto con tutte le altre forze del centro sinistra, senza generare fughe verso altre alleanze, alternative a quelle dell'Unione. Solo il masochismo può condurre, infatti, all'autoreferenzialità del farsi bastare il Pd come panacea di tutte le complessità.

Insomma, il Pd sarà vincente se riuscirà a strutturarsi ed agire nella relazione e nel portare i valori della pluralità che lo compongono: se si limiterà a muoversi verso altri fini, magari di riposizionamento in posti di potere, avrà sprecato l'ennesima buona occasione.

Dal momento che penso che quanti siano venuti a votare lo abbiano fatto anche per darci un segnale che questa occasione potrebbe essere l'ultima, confido nello spirito costruttivo di tutti.

 

 

Roberto Turetta

 
 
Pubblicato il 23-10-2007 ore 00:00
Ultima modifica 11-01-2009 ore 00:02
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