nr. d'ordine | nr. protocollo | data pubbl. | proponente | assessore competente | data protocollo | data scadenza | tipo risposta |
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1810 | 64 | 16/09/2009 | Sebastiano Bonzio |
Sindaco Massimo Cacciari e p. c. Al Presidente della IX Commissione |
21/09/2009 | 21/10/2009 | in Commissione |
Venezia, 16 settembre 2009
nr. ordine 1810
n p.g. 64
Al Sindaco Massimo Cacciari
e per conoscenza
Al Presidente del Consiglio comunale
Al Presidente della IX Commissione
Ai Capigruppo consiliari
Al Capo di Gabinetto del Sindaco
Al Vicesegretario Generale
Oggetto: COSA INTENDE FARE IL COMUNE DI VENEZIA PER SALVARE MONTEFIBRE E VINYLS?
Tipo di risposta richiesta: in Commissione
Premesso che:
Le situazioni di Montefibre e di Vinyls Italia a Porto Marghera rappresentano i casi più urgenti ed immediati delle crisi più generale che sta vivendo l’industria chimica ormai da anni; inoltre si tratta di due crisi aziendali non possono essere considerate soltanto nello specifico delle due situazioni – seppur rilevanti – ma che, al contrario, devono essere inquadrate nel contesto molto più ampio e molto più preoccupante della situazione dell’industria chimica in Italia.
Come ampiamente noto, infatti, i processi e le produzioni dell’industria chimica risultano strettamente interconnessi, tanto a livello di singolo stabilimento, quanto a livello di più stabilimenti anche territorialmente lontani. Valga su tutti l’esempio della cosiddetta “Chimica Padana” che comprende gli stabilimenti petrolchimici di Marghera, Mantova, Ferrara e Ravenna.
La cessazione di una produzione in uno di questi stabilimenti, ed in particolare di Porto Marghera, rischia di generare il famigerato “effetto domino” con la conseguente chiusura, a cascata, di altre lavorazioni o addirittura di interi stabilimenti.
La prospettiva per gli impianti di Porto Marghera e i 330 dipendenti di Montefibre (di cui 292 a Marghera, gli altri presso il centro direzionale di Milano) esiste: si tratta di dar corso all’Accordo di Programma del dicembre 2007 che prevede di realizzare un investimento molto significativo per l’avvio della produzione del precursore della fibra al carbonio da affiancare alle tradizionali fibre acriliche.
Per consentire questo risultato (da realizzarsi attraverso una riorganizzazione della produzione, progettazione e realizzazione di nuovi e adeguati impianti), Montefibre ha richiesto e ottenuto dal Governo la concessione del trattamento di CIG per i propri dipendenti nel corso del 2008.
Venuta meno la capacità di investimento la cui parte prevalente doveva essere garantita dalla società lussemburghese Ribeauvillè Investitor il CdA di Montefibre ha deliberato un pesante ridimensionamento del Piano Industriale con la sostanziale rinuncia alla realizzazione dell’investimento relativo alla Fibra al Carbonio e all’avvio, anziché di attività industriali, di pesantissime cessioni immobiliari per fare cassa e rientrare dal debito.
Montefibre mantiene le produzioni all’estero (in Spagna con Montefibre Hibernia e in Cina con la Joint venture Jilin Jimont Acrylic Fiber); in Italia, invece, comincia la vendita delle proprietà immobiliari, a partire dai terreni di Porto Marghera sui quali ha manifestato interesse l’Autorità Portuale interessata all’ampliamento del Porto.
La vendita di 35 dei 60 ettari - affacciati sul canale Ovest - all’Autorità Portuale che intende realizzare un mega-terminal per navi porta container consentirebbe di introitare circa 70 milioni di €, ma i 70 milioni che entrerebbero nelle casse di Montefibre servirebbero solo a risanare il debito (circa 70 milioni) e ricapitalizzare la società.
La società, quindi, impone la propria soluzione alla crisi che prevede:
la rinuncia a realizzare il progetto della fibra al carbonio (cioè l’unico progetto industriale che avrebbe consentito di programmare un futuro allo stabilimento di Porto Marghera);
la chiusura dello stabilimento di Marghera e la cessione dei terreni;
la messa in CIG – a far data dal 6 aprile 2009 - dei dipendenti per i quali sono previsti i soliti generici impegni (riqualificazione professionale, ricollocamento ecc.);
la disponibilità a cedere gli impianti ad un nuovo soggetto imprenditoriale.
Il caso di Vinyls appare altrettanto grave in termini sociali, ma forse ancor più grave dal punto di vista industriale.
Vinyls Italia, dell’imprenditore trevigiano Fiorenzo Sartor, dopo essere subentrata INEOS ha dichiarato fallimento e si è aperta la procedura di Amministrazione Straordinaria con la nomina dei tre Commissari.
Le difficoltà sembrano essere legate alla fragilità dell’imprenditore Sartor la cui principale impresa (SAFI specializzata in ponteggi) fattura circa 30 milioni di € all’anno a fronte di 80 milioni di crediti vantati da ENI per la fornitura di materia prime non pagati da INEOS; circa 200 milioni di investimenti necessari per l’adeguamento degli impianti; un costo rilevante delle materia prime che ha scatenato l’accusa di Sartor, nei confronti dell’ENI, di “gonfiamento” dei loro costi (l’ENI, ovviamente, dal canto suo ha risposto che si tratta di costi di mercato).
I destini dei cicli del Cloro e della filiera CVM – PVC sono destinati a generare ricadute a cascata anche sui siti di Ferrara, Mantova e Ravenna con immediate conseguenze sull’intero sistema della chimica padana che produce il 40% del valore dell’intera chimica italiana (57 Miliardi di €).
I Commissari nominati dal Tribunale di Venezia hanno due anni (12 mesi prorogabili di altri 12) per attuare il piano di salvataggio nell’ambito della procedura di Amministrazione Straordinaria prevista dalla “Prodi – bis”, la legge pensata per il salvataggio delle imprese di dimensioni medio – grandi.
Le condizioni per il salvataggio ci sono tutte come riconosciuto dal Tribunale di Venezia che ha riconosciuto l’esistenza di “notevoli potenzialità aziendali sul piano operativo e strutturale”; la società, infatti, costituisce un patrimonio unico in Italia sul piano delle competenze, degli impianti e delle professionalità.
Vinyls (e prima di essa, INEOS) costituisce l’unico produttore in Italia di PVC il cui mercato viene considerato dagli analisti e dagli osservatori economici in buone condizioni.
Considerato che:
Il Piano di salvataggio prospettato dai Commissari prevede:
investimenti per realizzare l’ammodernamento degli impianti anche attraverso la definizione di Accordi di Programma;
la realizzazione di una maggior integrazione dei cicli produttivi del Cloro e del PVC da perseguire anche attraverso un accordo con le due società dell’ENI (polimeri Europa e Sindyal) responsabili della fornitura di materie prime (Cloro e acetilene) necessari alla produzione di CVM e quindi di PVC;
un accordo con l’ENEL per il contenimento dei costi energetici.
Notizie di stampa del 3 settembre 2009 hanno indicato nel 15 settembre la data di conclusione delle operazioni di manutenzione che sarebbero già dovute essere terminate; il prolungamento dei tempi sarebbe stato dovuto alla necessità di recuperare pezzi necessari al completamento della manutenzione.
Il problema principale sta nella mancata comunicazione, da parte di Commissari, della data della ripresa produttiva che rischia di aggravare ulteriormente la situazione e, soprattutto, di lasciare i lavoratori ex INEOS ora Vinyls senza stipendio a partire da settembre.
Su Vinyls, come noto, grava l’insolvenza dei mancati pagamenti delle forniture ENI di etilene e dicloroetano.
Il mancato riavvio degli impianti, e di conseguenza la mancata produzione, rischia di prosciugare le esigue risorse facendo venir meno le risorse per il pagamento degli stipendi.
E’ evidente che solo l’intervento di ENI può sbloccare la situazione.
La sua situazione di Bilancio dell’ENI evidenzia una straordinaria disponibilità economica che le consentirebbe di assumere un ruolo di primo piano nel settore dell’industria chimica: nel 2008 ENI chiude con un utile netto di 10,2 miliardi di euro, in aumento del 7,7%; il “cash flow ha raggiunto il livello record di 21,8 miliardi consentendo di finanziare investimenti tecnici e in acquisizioni di 18,9 miliardi di euro a supporto della crescita”.
Come noto i settori in cui ENI sta investendo la quasi totalità delle proprie risorse sono quelli energetici (idrocarburi e gas naturale) dove la società non lesina investimenti per l’acquisto, ad esempio, della quota di maggioranza della belga Distrigas NV, Burren Energy, First Calgary Petroleum, Hewett Unit; è stata potenziata l’attività esplorativa in Angola, Congo, Croazia, Egitto, Libia, Nigeria, Alaska ecc.;
il 31 ottobre 2008 è stato definito il progetto di sfruttamento del giacimento di Kashagan in Kazakhstan.
Ad una attività così ampia ed intensa nel settore energetico fa da riscontro una attività nel settore petrolchimico caratterizzata da diversi anni a questa parte da disinteresse, disimpegno e dismissioni.
I dati industriali del triennio 2006-08 - relativi a produzione, vendita ed utilizzo degli impianti - testimoniano il declino della petrolchimica targata ENI.
Infatti, la produzione passa da 7,072 Megatonnellate (2006) a 8,795 Mt (2007) per ridursi a 2,372 Mt (2008).
I trend di vendita seguono quello della produzione, ma con valori meno che proporzionali. Dalle 5,276 Mt del 2006 alle 5,513 del 2007, precipitate a 4,684 nel 2008.
Stessa cosa per il tasso di utilizzo deglli impianti: 76,4% nel 2006, 80,6% nel 2007 e 68,6% nel 2008.
Tenuto conto che:
per quanto concerne la situazione dell’industria chimica dell’area padana vanno richiamati i seguenti elementi la cui attuazione è necessaria al mantenimento e alla valorizzazione dell’industria chimica e dei suoi livelli occupazionali:
1)la necessità, per il Governo, di convocare immediatamente il Tavolo Nazionale della Chimica mantenendo fede agli impegni assunti in tutti i precedenti incontri ed al fine di dare risposte concrete all’affermazione del Ministro Scajola circa l’importanza strategica dell’industria chimica per il Paese;
2)in particolare, il comunicato stampa del Tavolo Nazionale del 22 aprile 2009, intitolato “Sette decisioni concrete per il rilancio”, aveva stabilito, tra gli obiettivi, di perseguire:
a) l’attivazione di tavoli territoriali per accelerare l’attuazione degli Accordi di Programma già in essere;
b) la sottoposizione alla Conferenza Stato – Regioni del decreto per la bonifica e la reindustrializzazione dei siti inquinati;
c) l’aumento delle risorse per finanziare l’innovazione tecnologica del settore chimico;
d) l’accelerazione dell’adeguamento ambientale delle imprese chimiche al Regolamento Reach con la messa a disposizione di appositi strumenti e risorse;
e) un intervento per la riduzione del costo dell’energia per le imprese chimiche;
3)la necessità di un coinvolgimento dell’ENI nell’industria chimica ed in particolare per i processi produttivi integrati ed interconnessi; tale coinvolgimento deve avvenire attraverso l’ingresso di ENI nell’industria chimica e per mezzo della presentazione di uno specifico Piano Industriale;
4)la definizione di un Accordo di Programma generale, e di specifici Accordi di Programma locali stipulati tra Enti Pubblici ed imprese per sbloccare l’annosa questione delle bonifiche dei siti inquinati;
5)il rispetto e l’attuazione degli Accordi di Programma definiti per Porto Marghera ed in particolare di quello del 14 dicembre 2006 che, oltre a richiamare quello del 21 ottobre 1998, l’Atto Integrativo del 15 dicembre 2000, la risoluzione del Consiglio Regionale del 6 ottobre 2005 e l’intesa per Porto Marghera del 13 dicembre 2005, prevede di perseguire gli obiettivi di “garantire la continuità produttiva e la compatibilità ambientale delle attività chimiche a partire dal ciclo del cloro (…); mantenre i livelli occupazionali” attraverso investimenti sul ciclo del cloro e investimenti addizionali su Craker etilene, Raffineria, energia, logistica e servizi;
6)il salvataggio di Montefibre è realizzabile attraverso l’attuazione delle finalità dell’Accordo di Programma del dicembre 2007 per l’avvio della produzione del precursore della fibra al carbonio e la messa a disposizione di produzioni, servizi ed utilities necessari alla continuità produttiva e occupazionale;
7)l’attuazione di progetti innovativi in grado di generare nuova e qualificate occupazione e ricerca scientifico – tecnologica di alto livello come li Parco dell’Idrogeno per il quale è stato stipulato un Accordo di Programma tra Regione Veneto e Ministero dell’Ambiente in data 25 marzo 2005 e per il quale esiste una specifica Deliberazione della Giunta Regionale del Veneto del 19 giugno 2007 con la definizione dei relativi impegni a carico anche delle imprese interessate: ENEL, Sapio, Arcotronics, Berengo, SAE Impianti, Venezia Tecnologie, ICI Caldaie ecc.;
8)la necessità di vincolare le aree attualmente interessate da impianti produttivi e stabilimenti ad uso esclusivamente produttivo – industriale al fine di evitare la dismissione delle aree industriali per perseguire finalità speculative sulle stesse;
9)in caso di allargamento di funzioni logistiche in aree attualmente destinate ad uso industriale (come nel caso dell’allargamento del Porto di Venezia), la necessità di stipulare precisi e vincolanti Protocolli di Intesa finalizzati a rioccupare nelle funzioni logistiche i lavoratori delle industrie che in questo periodo hanno conosciuto cali di produzione o vere e proprie fermate delle stesse.
Tutto ciò premesso e considerato, si interroga il Sindaco
per conoscere con risposta urgente quali azioni intende assumere ed in quali tempi per il perseguimento degli obiettivi indicati nei 9 punti precedenti.
Sebastiano Bonzio
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